VILLA ARCONATI-FAR… una storia lunga 4 secoli

VILLA ARCONATI-FAR… una storia lunga 4 secoli

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Bollate (MI) – Villa Arconati-FAR si trova a soli 10 km dal centro di Milano, ma sorge in un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato: situata nel cuore verde del Parco delle Groane, ha infatti mantenuto miracolosamente intatta la propria identità senza essere inglobata nel tessuto urbano.

Tra i più illustri esempi di “villa di delizia” del patriziato milanese, ha mantenuto il suo fascino senza tempo arricchendolo grazie a quattro secoli di storia.

Villa Arconati non sarebbe ciò che è oggi senza il Conte Galeazzo Arconati che acquistò la tenuta di campagna del Castellazzo nel 1610, iniziandone la trasformazione: a lui si devono la realizzazione del giardino all’italiana con statue classiche e giochi d’acqua costruiti partendo dallo studio diretto del Codice Atlantico di Leonardo. Fu proprio l’Arconati, infatti, ad acquistarlo quando ancora nessuno aveva compreso il valore unico di questo testo, e fu lui a donarlo alla Biblioteca Ambrosiana nel 1637.

Cugino per parte di madre del Cardinale Federico Borromeo, l’Arconati seguì il prelato a Roma, dove ebbe il privilegio di toccare con mano la meraviglia degli scavi e i tesori che ne stavano riaffiorando. Dai suoi viaggi fece portare nella sua villa la colossale statua in marmo di Tiberio, da lui creduta Pompeo Magno, sotto la quale secondo la leggenda è stato pugnalato Giulio Cesare. Quattro generazioni di Arconati dimostrarono la propria grandezza attraverso le “delizie” della loro villa, che nel corso dei secoli si arricchì di meraviglie per tutti i sensi, tanto da diventare nel Settecento meta prediletta di artisti e letterati alla corte di Giuseppe Antonio Arconati. A lui Carlo Goldoni, ospite in villa nell’estate del 1747 dedicò la sua Putta onorata, e per lui i Fratelli Galliari, gli scenografi della Scala, realizzarono lo spettacolare affresco della sala dei ricevimenti del piano nobile, dove una scena opulenta e ridente nasconde il mito di Fetonte ed il monito degli Arconati contro la superbia. Marc’Antonio Dal Re celebrò la piccola Versailles nelle sue “Ville di Delizia” con ben 24 incisioni che documentano il progetto di uno dei pochissimi giardini all’italiana e alla francese che si conservano oggi in tutta la Lombardia.

Anche le scuderie nobili sono un autentico capolavoro d’ingegneria: studi in corso, infatti, mirano a dimostrare che siano state costruite sul modello leonardesco della Scuderia ideale, il cui foglio è conservato alla Bibliothèque nationale de France.

Non si deve, tuttavia, credere che il secolo d’oro della villa sia terminato con la morte dell’ultimo Arconati nel 1772. Se inizialmente i Marchesi Busca, che ereditarono la proprietà a fine Settecento, pensarono di venderla all’Arciduca Ferdinando D’Asburgo, date le sue dimensioni e le conseguenti spese di gestione; al Marchese Antonio Busca nella prima metà dell’Ottocento va il merito di avere restaurato l’intero complesso, chiamando a sé artigiani ed artisti che lavorarono sul giardino e nelle sale del palazzo ammodernandoli nel rispetto, però, del gusto e dello stile che nel corso di due secoli avevano reso unico questo luogo. Senza il suo intervento forse oggi non avremmo nulla che ricordi il passato glorioso degli Arconati. Per lui furono realizzati l’imponente affresco dello scalone d’onore e i quattro monocromi di Francesco Podesti, egli arricchì inoltre la collezione artistica del palazzo con sculture di Pompeo Marchesi. A lui si deve anche l’ultimo intervento di restauro delle facciate.

Nel Novecento, che vide tempi duri per la popolazione sconvolta dalle due guerre mondiali, furono tre generazioni di donne ad occuparsi del Castellazzo e a mantenerlo in vita con i mezzi a loro disposizione: vi portarono l’elettricità e il riscaldamento e la villa fu il loro rifugio nei momenti in cui Milano non era sicura. Dopo la morte di Donna Beatrice Crivelli, l’ultima abitante della villa, negli anni Novanta il Castellazzo visse il suo momento più buio, in cui il patrimonio artistico fu venduto e il giardino fu abbandonato a se stesso.

Ora Fondazione Augusto Rancilio ha l’ambizioso compito di far ritornare Villa Arconati-FAR al suo antico splendore, donando all’intero complesso una nuova vita in un’ottica moderna, sostenibile e rivolta al futuro: una sfida difficile e bellissima, che la Fondazione intende vincere per portare avanti la memoria e il progetto di quanti in quattro secoli di storia hanno creduto nell’unicità di questo luogo immortale.

La Redazione

Pubblicato il 27/02/2019

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