Rifugio Antiaereo

Rifugio Antiaereo

In occasione della festività del 25 aprile il rifugio Antiaereo sarà aperto al pubblico e sarà possibile esplorare con visite guidate a cadenza oraria, un luogo affascinante e poco noto della città di Varese: il rifugio antiaereo nei Giardini estensi
Le guide del Gruppo Speleologico Prealpino, con la collaborazione tecnica di Archeologistics e con il Patrocinio del Comune di Varese, condurranno il pubblico in un percorso carico di suggestioni alla scoperta della Varese sotterranea. Sebbene Varese sia stata colpita da un solo bombardamento aereo nell’aprile del 1944, la città si preoccupò di costruire numerosi rifugi nel sottosuolo per offrire protezione ai propri cittadini, avvisandoli dell’incombente pericolo con richiami e allarmi.
Fra l’ottobre del 1943 e l’inizio dell’anno successivo si realizzò di gran carriera anche il rifugio situato nella parte alta dei Giardini Estensi, proprio al di sotto della collina, che si snoda nel sottosuolo per circa 140 metri, collegando l’ingresso di via Lonati a via Copelli. Questo fu di fatto l’unico rifugio varesino a essere stato interamente completato al momento dei bombardamenti. Lungo le pareti della galleria sotterranea in cemento, alta circa due metri e larga poco più di tre, si allineavano due file di panche in legno su cui potevano prendere posto circa 600 persone, che accedevano al rifugio attraverso i due ingressi principali, chiusi da pesanti porte in ferro e cemento progettate per contrastare la forza dirompente degli ordigni. Una volta scesi sottoterra si poteva solo attendere con pazienza la cessazione dello spaventoso pericolo possiamo solo immaginare i pensieri di coloro che erano riusciti a mettersi in salvo: l’apprensione per i propri cari e i propri conoscenti, il timore di non ritrovare più la propria casa, il quartiere, i punti di riferimento, lo stordimento e l’impotenza nell’udire i terribili colpi e le esplosioni che martoriavano la superficie; un turbinio di emozioni che possiamo a stento immaginare e che solo i racconti di chi ancora ricorda riescono in parte a restituirci. Terminata l’emergenza, molti di questi rifugi sparsi in tutta Italia, furono abbandonati o utilizzati per altri scopi e ancora oggi, spesso a nostra completa insaputa, giacciono per la maggior parte in abbandono sotto i nostri piedi, muti testimoni di un dramma che si consumò poco meno di ottant’anni fa. Nel rifugio di via Lonati tutto è rimasto fermo nel tempo conservando il suo aspetto originario: sulle pareti, ad esempio, è ancora possibile leggere le scritte concepite per istruire le persone sulla direzione da prendere o sui comportamenti da tenere all’interno del rifugio. La visita sarà un’occasione unica e coinvolgente per rivivere in prima persona una pagina drammatica della nostra storia cittadina recente.

Tratto dal sito del Comune di Varese

La Redazione

Pubblicato il 20/04/2017

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